La situazione attuale dei dazi negli Stati Uniti:
L’impatto dei dazi sui mercati azionari americani ha creato non poco scompiglio e preoccupazione.
Ma vediamo innanzitutto cosa sono i dazi.
I dazi commerciali rappresentano tasse applicate sulle merci importate da altri Paesi.
Nel contesto attuale, con Donald Trump tornato alla presidenza nel gennaio 2025, gli Stati Uniti stanno nuovamente enfatizzando politiche protezionistiche attraverso l’imposizione di dazi.
Questa direzione segue la precedente amministrazione Trump (2017-2021) che implementò significative barriere tariffarie, in particolare nei confronti della Cina.
Gli Stati impongono dazi principalmente per proteggere le industrie nazionali dalla concorrenza estera, riequilibrare deficit commerciali, esercitare pressione politica su altri Paesi e, in alcuni casi, come risposta a pratiche commerciali considerate sleali.
La complessa natura dei dazi commerciali:
I dazi commerciali rappresentano un tema di forte dibattito economico con argomentazioni sia a favore che contro.
Da un lato, i sostenitori evidenziano la protezione dell’occupazione domestica e il contrasto a pratiche commerciali percepite come ingiuste.
Dall’altro, numerosi economisti sottolineano che i dazi spesso si traducono in prezzi più elevati per i consumatori e rischiano di innescare ritorsioni commerciali che possono danneggiare le relazioni internazionali e il commercio globale.
L’impatto dei dazi sui mercati azionari:
I mercati finanziari reagiscono ai dazi commerciali con dinamiche complesse che variano nel tempo.
Nel breve termine, l’annuncio di nuove tariffe tipicamente genera volatilità e incertezza, spesso con immediate reazioni negative. Come osservato durante la guerra commerciale USA-Cina iniziata nel 2018, gli annunci di nuovi dazi hanno frequentemente causato cali temporanei dei mercati.
A livello settoriale, le reazioni sono differenziate:
- Le aziende che dipendono fortemente da importazioni colpite dai dazi subiscono pressioni ribassiste;
- I produttori domestici che competono con le importazioni possono temporaneamente beneficiare della ridotta concorrenza estera;
- Le multinazionali con complesse catene di approvvigionamento globali risentono delle interruzioni commerciali.
Nel medio-lungo termine, l’evidenza storica rivela una notevole resilienza dei mercati azionari americani. L’analisi dell’indice S&P500 in relazione ai principali eventi di imposizione di dazi dal 1947 ad oggi mostra una performance molto positiva nonostante le periodiche “guerre commerciali”.
Questo andamento conferma che, nonostante l’impatto inizialmente destabilizzante dei dazi, il mercato azionario americano ha costantemente dimostrato una straordinaria capacità di recupero, continuando la sua tendenza rialzista strutturale nel lungo periodo.
L’assorbimento dei dazi da parte delle aziende:
Un fenomeno economico particolarmente interessante è il processo di assorbimento dei dazi da parte delle aziende nel corso del tempo.
Questo processo si articola tipicamente in diverse fasi:
- Shock iniziale: Le aziende assorbono inizialmente i costi aggiuntivi dei dazi, spesso a scapito dei margini di profitto, per mantenere prezzi competitivi e preservare la propria quota di mercato.
- Riconfigurazione della supply chain: Con il passare del tempo, le imprese diversificano i fornitori, cercando alternative in Paesi non soggetti a dazi o spostando parte della produzione in luoghi strategici per aggirare le tariffe.
- Efficientamento operativo: Le aziende implementano misure di ottimizzazione interna per compensare i costi aggiuntivi, come l’automazione dei processi, la rinegoziazione dei contratti con i fornitori o la riprogettazione dei prodotti.
- Trasferimento parziale dei costi: Gradualmente, una porzione dei costi aggiuntivi viene trasferita ai consumatori attraverso aumenti di prezzo, ma in modo progressivo per evitare crisi della domanda.
- Innovazione strutturale: Nel lungo periodo, i dazi possono persino stimolare l’innovazione, spingendo le aziende a sviluppare soluzioni alternative come nuovi materiali o tecnologie che riducono la dipendenza dai prodotti tassati.
Prospettive per gli investitori:
Per gli investitori, i dati storici offrono una solida base per considerare con fiducia le prospettive di medio e lungo termine dei mercati finanziari, anche in presenza di turbolenze commerciali. La documentata capacità dei mercati di assorbire e superare gli shock tariffari suggerisce che le reazioni negative iniziali rappresentano spesso opportunità piuttosto che segnali di deterioramenti strutturali.
Le evidenze empiriche mostrano che l’S&P 500 ha costantemente superato periodi di tensioni commerciali per raggiungere nuovi massimi storici. Questa traiettoria ascendente secolare, nonostante i ripetuti cicli di politiche protezionistiche, conferma la robustezza intrinseca del sistema economico americano e la sua capacità di innovare, adattarsi e prosperare anche in contesti di maggiori barriere commerciali.
Gli investitori con orizzonti temporali di medio-lungo termine possono quindi considerare con ragionevole fiducia che, sebbene i dazi possano generare volatilità temporanea, il mercato azionario americano ha ripetutamente dimostrato di saper navigare questi periodi di incertezza per emergere più forte. Le aziende americane, particolarmente quelle con solidi fondamentali, hanno mostrato una notevole capacità di adattamento alle mutevoli condizioni commerciali globali, continuando a generare valore per gli azionisti anche in contesti di maggiore protezionismo.
Conclusioni:
L’evidenza storica suggerisce che l’impatto negativo dei dazi tende ad essere principalmente un fenomeno di breve termine, mentre nel lungo periodo prevalgono i fondamentali economici sottostanti e la capacità di adattamento del sistema imprenditoriale.
Questa resilienza non significa che i dazi siano privi di costi per l’economia globale, ma illustra come il sistema economico tenda ad adattarsi e trovare nuovi equilibri.
È particolarmente interessante notare come molte delle più significative riduzioni tariffarie siano state in realtà il risultato di tensioni commerciali inizialmente create proprio dall’imposizione di dazi. L’analisi di importanti accordi commerciali recenti rivela questo paradossale fenomeno:
- L’accordo USMCA (2020) è nato dalle pressioni protezionistiche dell’amministrazione Trump che ha utilizzato i dazi come leva negoziale per riformare il NAFTA, ottenendo un ribilanciamento delle tariffe che ha favorito maggiori esportazioni statunitensi.
- L’accordo con la Cina (Fase 1, 2020) ha parzialmente ridotto i dazi imposti durante la guerra commerciale iniziata nel 2018, quando gli Stati Uniti applicarono tariffe del 25% su circa 250 miliardi di dollari di beni cinesi, portando la Cina ad aumentare gli acquisti di prodotti americani e a impegnarsi in riforme sulla proprietà intellettuale.
- La rinegoziazione del KORUS con la Corea del Sud (2018) è avvenuta dopo che gli Stati Uniti avevano minacciato il ritiro dall’accordo originale e imposto dazi su acciaio e alluminio, dimostrando come le tariffe possano fungere da strumento di pressione per ottenere condizioni commerciali più favorevoli.
- L’accordo agricolo con l’Unione Europea (2009) ha ridotto i dazi su prodotti agricoli dopo periodi di tensioni commerciali legate a standard sanitari e regolazioni fitosanitarie.
Questo ciclo di “dazi-tensioni-negoziati-riduzione” sembra rappresentare un modello ricorrente nella politica commerciale americana. L’imposizione iniziale di barriere tariffarie serve come catalizzatore per successive riforme degli accordi esistenti o per la creazione di nuove intese commerciali. Sebbene questo approccio comporti costi e inefficienze nel breve termine, la storia suggerisce che nel lungo periodo tende a generare nuovi equilibri commerciali.
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